La saga dei Borgia by Antonio Spinosa

La saga dei Borgia by Antonio Spinosa

autore:Antonio Spinosa [Spinosa, Antonio]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-04-29T11:49:22+00:00


Ormai al papa era facile riallacciare i rapporti con Fer-randino, il re aragonese di Napoli, e riconoscergli i suoi pieni diritti. Gli inviava perfino un distaccamento di artiglieri. Cesare arrivava a Napoli per rappresentarlo, mentre, dopo qualche insuccesso, i soldati papalini battevano le superstiti schiere francesi. Il popolo partenopeo si diede a folli festeggiamenti. Ma c’era anche il rovescio della medaglia perché la guerra aveva prodotto gravi danni, e non era facile ripararli per la mancanza di risorse o per la cattiva volontà di impiegarle in un’azione di risanamento.

Come sempre a Roma, in situazioni di grave emergenza, si verificavano eventi terribili: sulle sponde del Tevere apparve il troncone di un essere femminile, con una proboscide in luogo di un braccio e una zampa di bue invece di una gamba. In quel 1495 l’Urbe, oltre la duplice invasione dell’esercito francese, dovette subire una straordinaria inondazione delle acque del suo fiume. Ai primi di dicembre la città fu completamente allagata, in maniera così paurosa che l’acqua raggiungeva i primi piani delle abitazioni, gli altari delle chiese e la sella dei cavalli di chi ancora si azzardava a uscire di casa in groppa a quegli animali non meno spaventati degli uomini. I ragazzi andavano a nuoto da una via all’altra della città.

Il matrimonio di Lucrezia con Giovanni Sforza, celebrato l’anno precedente contro la volontà della fanciulla, si rivelò per lui disastroso. Una notte Giovanni, infuriato, partì improvvisamente da Roma, senza una meta, lasciando la moglie, come dissero ambiguamente alcuni maliziosi, “sotto il manto apostolico”. In città circolavano infatti voci poco edificanti sui frequenti convegni, un po’

troppo intimi, che Alessandro aveva nottetempo, ma anche in pieno giorno, con Lucrezia, nella camera di lei.

Il povero Giovanni tornò dalla lussuriosa moglie una settimana dopo, come se nulla fosse accaduto.

In lui la paura della canterella, la venefica forfora del diavolo con la quale i Borgia continuavano ad appianare i contrasti, era troppo forte. Pensò bene di tacere, anche perché non poteva fare altro.

Quella polvere era mischiata in cibi o versata in bevande, soprattutto nel vino. Era ingannatrice perché dolce di sapore. Veniva propinata alla vittima designata più volte per più giorni fino a quando non produceva, attraverso dolorosi contorcimenti, il suo effetto mortale. Non era facile attribuire le contorsioni al veleno, sicché la polvere, a prova di contravveleno, operava con maggior discrezione di quanto non potesse fare una pugnalata. Talvolta si spruzzavano di canterella le ostie consacrate prima di offrirle ai morituri durante la comunione.

Le ostie per Alessandro, sebbene ciò potesse apparire assurdo, avevano ben scarso valore. Un giorno, comunicando alcuni fedeli nella basilica di San Pietro, se ne lasciò sfuggire una, sbadatamente. Il prelato che gli era al fianco fece per raccoglierla. Ma lui esclamò, con indifferenza:

“Lasciala perdere!”. Questo suo atteggiamento aveva radici assai profonde. Derivava dal fatto che in Alessandro assai scarsa era la fede nell’insieme delle verità religiose rivelate da Dio e insegnate alle genti dalla Santa Chiesa, per quanto le predicasse solennemente nelle vesti di pontefice massimo. La predicazione era soltanto un’apparenza perché le questioni religiose lo annoiavano.



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